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Commercialisti: Mediazione obbligatoria utile al Paese e alle Imprese - Prime considerazioni sul Decreto "Fare"

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Roma, 10 luglio 2013 – L’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Roma giudica positivamente la reintroduzione della mediazione civile e commerciale decisa dal Governo (art. 84 decreto legge n.69 del 21 giugno 2013). Come già più volte argomentato, la mediazione può rappresentare uno dei fattori capaci di far recuperare competitività al sistema Paese. È noto, infatti, che fra le cause che limitano l’attrattiva degli investimenti c’è la lunghezza dei tempi per la definizione dei processi. Dunque, la mediazione può costituire un punto capace di favorire lo sviluppo e la crescita delle imprese italiane. Quanto all’obbligatorietà essa appare una condizione necessaria – perlomeno per una certa fase – affinché l’istituto della mediazione si radichi nella prassi italiana. L’obiettivo è quello di radicare un sistema compositivo, alternativo al giudizio ordinario, che possa ridurre quella predisposizione alla conflittualità tipica del sistema italiano.


Ben venga, dunque, la reintroduzione della obbligatorietà, anche se la «la lettura della norma lascia perplessi su alcuni punti», afferma Edoardo Merlino, presidente della Commissione Arbitrato e Conciliazione dell’ODCEC di Roma. La nuova procedura delineata con l’introduzione dell’incontro preliminare potrebbe riproporre in misura aggravata il fenomeno del mancato incardinamento della mediazione che nella normativa originariamente portata dal d.lgs.nr.28/2010, si concretizzava con la mancata partecipazione all’incontro di mediazione della parte chiamata ed ora, con l’incontro preliminare, si potrebbe concretizzare nella strumentalizzazione di questo passaggio per vanificare la mediazione. Inoltre, prosegue Merlino, «maggiore perplessità è generata dall’obbligo della sottoscrizione dell’accordo per l’omologa da parte degli avvocati (e perché non anche dei dottori commercialisti ed esperti contabili?), imponendo alle parti il sostenimento di un costo aggiuntivo che va inevitabilmente ad appesantire il ricorso all’istituto ed a porre una ulteriore barriera economica per l’accesso alla mediazione».

Sembra poi non andare nel senso di un effettivo ed efficace ricorso alla mediazione la riduzione del termine di durata della mediazione, passata da quattro a tre mesi. Anche se la mediazione in genere si definisce con pochi incontri, molto spesso, a causa di impedimenti reciproci, risulta difficile incardinare il tavolo di mediazione in tempi brevi. Infine, secondo Edoardo Merlino, «ulteriori perplessità sussistono in merito alla qualifica di mediatore di diritto degli avvocati che reintroduce una norma contestata, e per tale motivo già abrogata nella precedente conciliazione societaria, riguardante la qualifica di conciliatore per appartenenza ad un determinato Ordine professionale da quindici anni o per essere professore universitario in materie giuridiche o economiche». Sembrerebbe un passo indietro e per una sola specifica categoria professionale, soprattutto alla luce di uno dei motivi di presunta incostituzionalità della norma, ovvero la mancanza di una adeguata formazione dei mediatori.

Un aspetto positivo, secondo l’Odcec di Roma, è invece la possibilità data ora al Giudice di emettere un provvedimento dispositivo (ordinanza) per l’esperimento del tentativo di mediazione con una importante novità rispetto al semplice invito indicato nella precedente stesura del secondo comma dell’articolo 5 del d.lgs.nr.28/2010. Meno convincente appare invece l’indicazione da parte del Giudice dell’organismo presso il quale svolgere la mediazione; non si comprende, infatti, su quale base il Giudice dovrebbe effettuare tale indicazione.
«Una normativa a luci ed ombre», conclude Merlino, «che tuttavia ha il pregio di riproporre al centro dell’attenzione la mediazione civile e commerciale che si era fermata a seguito della pronuncia di incostituzionalità legata all’eccesso di delega del d.lgs.nr 28/2010».

 

 

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